Occhio agli occhi: la cataratta

Dall’esordio all’intervento: i consigli
Che cosa è la cataratta, chi colpisce e quali conseguenze porta? Lo spiega ai lettori della Gazzetta Stefano Gandolfi, direttore della struttura complessa Oculistica della nostra azienda ospedaliero universitaria.
«La cataratta è la principale malattia che affligge il cristallino, lente trasparente appesa dietro la pupilla nei nostri occhi. Il cristallino si ammala di cataratta quando perde la sua trasparenza. Ne consegue che un occhio, ammalato di cataratta, avrà una progressiva riduzione della funzione visiva».

Come ci accorgiamo di avere una cataratta?
«Iniziamo a vedere sempre meno. A seconda del tipo di cataratta e dello stadio della malattia, i disturbi possono essere diversi. Il paziente può lamentare una visione annebbiata, incapacità a definire i dettagli delle cose e dei volti, visione sdoppiata e incapacità a tollerare il passaggio tra ambienti diversamente illuminati (dal buio alla luce intensa e/o viceversa). In alcuni casi, la fase iniziale della malattia, è caratterizzata da una ridotta visione notturna e da una miopizzazione, condizione quest’ultima che porta un apparente miglioramento della visione da vicino (es. il paziente, se presbite, si accorge di non aver più bisogno degli occhiali per leggere il giornale)».

Per guarire dalla cataratta è necessario l’intervento chirurgico. Quando si deve operare? E’ un intervento difficile?
«L’intervento di cataratta è definito (nel mondo anglosassone) una “surgery on demand”, cioè una “chirurgia su richiesta”. Si esegue, pertanto, quando la visione non è più in grado di permettere al malato una qualità di vita adeguata alle proprie necessità. Va sfatato il mito della cataratta che “deve maturare”.

Anzi, un eccessivo ritardo, nella pianificazione dell’intervento, può portare difficoltà tecniche aggiuntive al momento della esecuzione del medesimo. È l’intervento chirurgico più eseguito al mondo (solo in Italia si parla di 3-400000 interventi annuali), ma il numero elevato di procedure eseguite non vuole significare che l’intervento sia facile o banale.

La moderna chirurgia della cataratta richiede una notevole competenza che viene mantenuta, nel tempo, anche grazie ai numeri elevati di procedure che ciascun chirurgo esegue all’anno. Il chirurgo deve manovrare in uno spazio operatorio pari a un terzo di un centimetro cubo, e la buona riuscita dell’intervento dipende dal fatto che rimanga intatto l’involucro esterno del nostro cristallino, il cui spessore è di poche decine di millesimi di millimetro. La tecnologia a nostra disposizione ci permette di affrontare questo problema con elevati margini di sicurezza. Elevati non vuol dire assoluti per cui, come in tutte le chirurgie, le complicanze esistono e vanno sapute gestire».

Parlando di complicanze e sicurezza, esistono occhi più a rischio? E, è necessario il ricovero?
«Operare un paziente di cataratta non equivale a preparare gli anolini natalizi. Non esiste “la cataratta”, ma esistono occhi, uno diverso dall’altro, di pazienti, uno diverso dall’altro, che si ammalano di cataratta. Esistono situazioni specifiche, che ciascun chirurgo conosce, che rendono più probabili complicanze anche molto serie, e che non possono essere affrontate se il chirurgo non possiede una adeguata competenza clinica, una dotazione tecnologica all’altezza e una organizzazione di equipe che possa permettere la gestione multidisciplinare di eventuali problemi che dovessero insorgere durante o dopo l’operazione. Questo è il motivo per cui non tutti i pazienti possono essere gestiti in regime giornaliero e con blande anestesie locali. In questi casi, il malato va gestito con osservazione breve intensiva se non con un ricovero vero e proprio, e con modalità di anestesia necessariamente più impegnative. Una parte importante della mission della nostra equipe, qui in Azienda Ospedaliero-Universitaria, è quella di garantire, fra le altre cose, anche quella competenza chirurgica e quella organizzazione multidisciplinare di cui il paziente ha bisogno e che non può trovare in altri setting organizzativi sul territorio, più votati alla gestione del paziente meno complesso».

Laser o bisturi, le indicazioni – A Parma 4mila casi l’anno
Un intervento chirurgico da eseguire in uno spazio dell’occhio ristrettissimo, circa un centimetro cubo. La tecnologia è fondamentale così come l’abilità dello specialista che interviene. E dopo, la qualità di vita migliora decisamente.

Si dice che “la cataratta si opera col laser” e che, dopo l’intervento, non ci sia più bisogno di occhiali. È vero?
«“Ni”. La chirurgia della cataratta prevede, di frantumare e aspirare il cristallino mediante l’uso dell’ultrasuono, attraverso una incisione di poco più di 2 mm. Lo strumento ad energia laser (detto “laser a femtosecondi” o “femtolaser”) permette di eseguire una importante manovra, solitamente eseguita in pochi secondi manualmente dal chirurgo, “a occhio chiuso”. Fatta questa manovra col laser, il paziente viene trasferito su un altro lettino operatorio (con dispendio di tempo) per sottoporsi all’intervento vero e proprio, che procede secondo la tecnica tradizionale. Pertanto, il ruolo del laser nell’operazione di cataratta, quando lo si usa, è molto piccolo e, dati alla mano forniti dall’American Academy of Ophthalmology, non porta ad alcun beneficio aggiuntivo. Sugli occhiali si/occhiali no, va fatta molta chiarezza: premesso che la chirurgia della cataratta è una chirurgia riabilitativa (“vedo male, e voglio vedere bene”) e non una chirurgia voluttuaria (“vedo bene, ma voglio vedere meglio”), le protesi ottiche che vengono impiantate nell’occhio al posto del cristallino malato (le cosiddette “lentine”) per la maggioranza dei casi correggono o per lontano, o per vicino. Necessariamente, il paziente dovrà portare un occhiale o per vicino, o per lontano. Esistono lentine a focale variabile, che aspirano a dare una visione sia per lontano sia per vicino che, ancora una volta dati alla mano forniti dall’American Academy of Ophthalmology, è qualitativamente non paragonabile a quella ottenibile con le lentine monolocali».

Alla luce di quanto abbiamo detto, come siamo messi qui a Parma?
«Nel territorio di Parma, sono eseguiti poco meno di 4000 interventi di sola cataratta all’anno, e 2-300 interventi di cataratta combinati ad altre procedure chirurgiche oculistiche (distacco di retina, glaucoma, trapianto di cornea). La totalità degli interventi combinati, e la metà dei 4000 interventi di sola cataratta è eseguita dalla nostra equipe qui in Azienda Ospedaliero-Universitaria, cui competono, per definizione, i casi più complessi e a rischio più alto. E’ in corso di attuazione il progetto, già ultimato, di definizione di una lista di attesa unica provinciale per la chirurgia della cataratta “a minore complessità”, tale da mettere in rete i poli chirurgici delle due Aziende (la ASL e la AOSP-Univ) e da garantire modalità di accesso all’intervento che, come un abito, siano “tagliate” sulle necessità del singolo residente in provincia di Parma, garantendogli una risposta efficiente, una tempistica adeguata e soddisfacente e una assoluta trasparenza nelle scelte e nei percorsi. Per cui, l’anno nuovo, da questo punto di vista, promette bene».

Fonte: gazzettadiparma.it